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La Crocifissione

In questa sede si darà conto di quanto segnalato dai primi studi successivi alla casuale riscoperta degli affreschi del presbiterio negli anni Trenta. Purtroppo allo stato attuale non è più visibile, nemmeno in minima parte, un’iscrizione che compariva al di sotto della Crocefissione e che recitava: «1502 GIOVAN PIETRO DA VELATE». Essa viene segnalata da un articolo uscito nel quotidiano L’Italia del 1943;1 l’articolo, in realtà, si occupa della riscoperta degli affreschi nella chiesa di S. Stefano a Velate e li mette in relazione con gli affreschi firmati e datati di Binago, proponendo l’attribuzione degli affreschi di Velate al pittore che si firma “DA VELATE”, attivo a Binago; in verità si tratta di un inveterato cliché

volto a rintracciare almeno un’opera nel borgo d’origine di un pittore. Purtroppo l’accenno dell’estensore dell’articolo è molto fugace e non offre alcun’altra informazione. Per la prima volta entra nel merito dell’analisi dei dipinti uno studio di Gemma Guglielmetti Villa2 dedicato agli affreschi del Quattrocento in provincia di Varese. La studiosa rileva come di grande interesse la grandiosa Crocefissione del presbiterio: giudica di «patetismo contenuto» la figura di Cristo e di «atteggiamento un po’ convenzionale» quelle di Maria e S. Giovanni.

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